Cenni storici

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Descrizione

Dal più antico documento del 1000 e da altri ancora compresi tra il 1103 e il 1117, si vengono a conoscere particolari abbastanza precisi, che dimostrano l'importanza di Bagnolo e i suoi rapporti con le località vicine. Così dal citato documento del 5 agosto dell'anno 1000 sappiamo che un certo Todilo o Todilio di Bagnolo è costituito, insieme a un Conte Benzoni di Lodi e ad altri, giudice in una causa circa il possesso di 1.200 pertiche di terreno dell'agro lodigiano; tali territori erano reclamati sia da Andrea vescovo di Lodi che da Ruggiero conte di Bariano.
Ciò dimostra i rapporti di Bagnolo con Lodi, cioè con la riva opposta del Lago Gerundo.
L'8 dicembre 1094 Inghero Terzago della città di Milano e Ola del fu Ugone " *de loco Baniolo*" coniugi vendono certe loro terre e case al sacerdote Guelzio "*de loco Baniolo*".
A partire dal secolo seguente Bagnolo figura come un luogo fortificato, un " *castrum*".
Gradualmente il territorio cade sotto l'influenza dei monaci del Cerreto,grazie anche alle considerevoli donazioni elargite da parte di ricchi latifondisti di Bagnolo.
Verso il XIII secolo ai Cistercensi di Abbadia Cerreto sostituiscono gli Umiliati di Bagnolo.
Dopo i monaci, ritornano a impossessarsi della terra di Bagnolo diversi signori: i Benzoni, i conti Clavelli, i marchesi Zurla, tutti dalla più distinta nobiltà di Crema. I Benzoni, specialmente, vi lasciarono memorie e monumenti del loro dominio, nella chiesa e nelle terre. Riferisce il Barbieri che nel 1464, per concessione data a Giacomo Benzone, fu "*costrutto a Bagnolo sulla roggia Comuna un molino*" e che nel 1595, quando fu fatta la classificazione delle 49 ville soggette alla giurisdizione di Crema, distinguendole in superiori, medie e inferiori, Bagnolo fu classificata tra le superiori.
Narra lo stesso Barbieri che nel 1627, mentre era podestà il senatore Gerolamo Venier, fu decisa a favore del Comune di Bagnolo la lunghissima controversia pendente fra i Comuni di Trescore e Bagnolo, appunto, a causa del Moso.
Nel 1861 fu fondata a Bagnolo dal sacerdote Bartolomeo Geroldi un'Opera Pia allo scopo di soccorrere "*i poveri del comune, massime gl'infermi e i convalescenti ritornati dall'ospedale*", amministrata dal parroco e dalla fabbriceria della chiesa parrocchiale. Intorno a quell'epoca Bagnolo aveva una superficie di pertiche 5.324 con un estimo di scudi 96.594 e 2.015 abitanti.

*L'Innominato a Bagnolo*

La presenza del notissimo personaggio manzoniano, l'Innominato, nel Cremasco sembra storicamente accertata, avendo egli dimorato per anni nell'antica e storica cascina, ormai demolita, situata nella frazione Gaeta. Si definisce "storica cascina" perché per diversi anni fu il rifugio di un bandito inafferrabile ai ministri della giustizia, nonostante le "Grida" emanate contro di lui dal Governatore di Milano e le grosse taglie che pendevano sul suo capo.
Quell'uomo che il Manzoni fa rivivere nel suo romanzo con l'appellativo di "Innominato", è stato identificato in Francesco Bernardino Visconti.
L'identità fra il bandito e il personaggio del romanzo è stata affermata per la prima volta dallo storico Cesare Cantù nel 1831. La sua presenza a Bagnolo, per un periodo di tempo, è stata dimostrata su fonti documentarie dagli studiosi che si sono interessati di lui in varie pubblicazioni (C. Domini, G. Scotti, A. Bavaglio) e viene confermata da alcuni documenti conservati negli archivi della parrocchia di Bagnolo e della Curia vescovile di Crema.
L'anno 1565 questa cascina passò in eredità dal defunto conte cavalier Fortunato Benzoni alla figlia Paola, che nel 1570 andò sposa a Giovan Battista Visconti, appartenente alla più alta nobiltà milanese, feudatario di Brignano d'Adda. A soli 12 anni dal matrimonio, il Visconti morì e la vedova si dedicò ai figli: Caterina, Galeazzo Maria e Francesco Bernardino.
Per sottrarli alle cattive influenze di parenti e amici che frequentavano il palazzo di Milano, pensò di portarli a Bagnolo, nella cascina in questione e cioè in un ambiente rurale non infestato da nobili corrotti.
Le premure materne rimasero frustrate e i figli Galeazzo Maria e Francesco Bernardino, oltre a rimanere analfabeti, si avviarono ben presto ad una vita sregolata e alla delinquenza.
Appena quattordicenne Bernardino partecipò ad un'irruzione notturna in casa del suo fittabile Nicolò Schivino distruggendo ogni cosa. A diciotto anni, nel 1597, arrivò la prima condanna dal magistrato di Milano. Poi le grida del 1603, del 1609, del 1614 con le sentenze pronunciate in contumacia per gravi ed orrendi misfatti. Da quest'ultima data, si perde ogni traccia del nostro masnadiero, del quale il Manzoni ricorderà nel suo romanzo l'incontro espiatore con il cardinal Borromeo.

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Pagina aggiornata il 21/03/2024